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DEL DOGE ED ALTRE CARICHE A VITA ARCHIVIO DOCUMENTALE
L’unica carica a vita, oltre a quelle del doge e del cancelliere grande, è quella del procuratore. Il primo procuratore fu nominato intorno all’anno 829, subito dopo l’arrivo della reliquia del patrono. Tuttavia, solo nel 1152 si trova documentato un procurator operis Sancti Marci. Nel 1266, i procuratori erano quattro: due si occupavano dell’amministrazione della chiesa ducale (de supra) e due delle commissarie (de subtus, super commissariis).
Nel 1319, il loro numero crebbe a sei, suddivisi in tre procuratie: de supra, de citra, e de ultra (questi ultimi si occupavano delle commissarie, ovvero le esecuzioni testamentarie affidate dal testatore, rispetto alle due sponde del Canal Grande). Nel 1443, i procuratori aumentarono a nove. Dal 1516, a causa delle necessità della guerra, si iniziarono a nominare procuratori soprannumerari per offerte cospicue, previa approvazione del maggior consiglio. Esclusi a lungo da consigli, cariche e uffici, la loro importanza risiedeva più nel prestigio e nell’influenza che nelle funzioni specifiche, marginali alla vita politica. I procuratori de supra sovrintendevano alla chiesa di San Marco in temporalibus, limitando il potere del doge sulla sua cappella. In seguito, acquisirono competenze sulla piazza, sugli edifici contigui, sulla fiera della Sensa (Ascensione), su chiese e ospedali di patronato dogale, anche fuori Venezia. Ebbero presto funzioni di custodia del tesoro e dei documenti pubblici e privati, divenendo l’organo attraverso il quale lo Stato integrava la capacità giuridica degli incapaci e esercitava la tutela sui pupilli e la curatela sui mentecatti. Furono spesso scelti come commissari e fornitori dei testamenti, specialmente quando vi fossero legati pii o si istituissero piccole fondazioni. Nel XVI secolo, intervennero a tutela delle eredità intestate. Nel 1656 e negli anni seguenti, durante la guerra di Candia, tre dei procuratori, con il titolo di deputati sopra le soppressioni delle religioni, insieme al nunzio pontificio, procedettero alla vendita e all’amministrazione o all’obbligatorio acquisto dei beni dei conventini soppressi in seguito alla bolla di Innocenzo X del 15 ottobre 1652, destinando il ricavato alla guerra contro il Turco. Simili operazioni furono effettuate riguardo alle soppressioni di Alessandro VII con i brevi del 28 aprile 1656, relativi ai crociferi e ai canonici regolari di Santo Spirito, e con la bolla del 6 dicembre 1668, relativa ai canonici di San Giorgio in Alga, ai gesuiti e ai gerolimiani.
Queste attività, apparentemente estranee alla grande politica, comportavano però una vasta gestione di capitali e un determinante potere economico-finanziario, che si esplicava negli investimenti commerciali e immobiliari e nei finanziamenti all’erario mediante il credito, l’acquisto di prestiti, e i depositi presso le camere delle biave e del sal, influenzando sia l’ambito privato che pubblico, specialmente fino al XV secolo. La contabilità e gestione delle singole commissarie erano tenute distinte fino a un’epoca molto avanzata (XVII secolo), quando finalmente si ebbero registri a carattere generale. Accanto alle serie proprie di ciascuna procuratia, rivestono grande importanza le commissarie, ossia il materiale relativo alle numerosissime piccole istituzioni, prolungatesi talora per secoli; spesso vi è incluso l’archivio personale del testatore, con documenti privati e pubblici di ogni genere, irreperibili altrove, rendendo questo fondo una delle fonti principali per i secoli XII-XV. Attraverso i «quaderni» delle commissarie possiamo ricostruire analiticamente il movimento degli imprestiti, mentre l’archivio della camera degli imprestiti è andato perduto.
Dopo la caduta della repubblica, nei compiti dei procuratori subentrarono, in una prima fase, da un lato la fabbriceria, poi procuratoria della chiesa di San Marco, divenuta cattedrale nel 1807, e dall’altro le successive amministrazioni della pubblica beneficenza.